Uno studio professionale apre il pomeriggio con la calcolatrice e un foglio di percorso: chilometri, orari, sedi. Quel conteggio quotidiano, che molti considerano un semplice rimborso, è diventato un tema fiscale concreto e capace di modificare la busta paga del professionista. La questione non è più solo pratica: riguarda reddito, ritenute e il modo in cui si documentano le trasferte per lavoro.
Cosa ha stabilito l’Agenzia delle Entrate
Con la risposta n. 270 l’Agenzia delle Entrate ha offerto una lettura chiara del nuovo quadro normativo introdotto dal Dlgs 192/2024. Secondo i tecnici del fisco, il principio di onnicomprensività porta all’imponibilità di tutte le somme percepite in relazione all’attività professionale, salvo le fattispecie espressamente escluse dalla norma. Tra queste ultime rientrano i rimborsi delle spese sostenute per conto del committente, ma solo se risultano addebitate analiticamente al cliente e documentate in modo puntuale.
La nota sottolinea che spese come viaggio, vitto, alloggio e trasporto possono essere neutre ai fini fiscali se risultano addebitate in modo nominativo al committente: non concorrono alla formazione del reddito né comportano detrazioni o ritenute a carico. Tuttavia, c’è una precisazione importante: il rimborso calcolato secondo il criterio “Km per tariffa” non viene considerato analitico se non supportato da titoli di spesa nominativi. Per l’Agenzia, la quantificazione parametrica priva di ricevute intestate non prova un costo effettivamente sostenuto e, pertanto, non può essere esclusa dal reddito di lavoro autonomo ex art. 54 del TUIR.
Un dettaglio che molti sottovalutano è proprio questo confine tra quantificazione e documentazione: il mezzo usato per calcolare i chilometri è meno rilevante della prova di una spesa reale. Per molti professionisti la novità significa rivedere pratiche consolidate e modelli di fatturazione.

Cosa cambia per professionisti e committenti
Il primo effetto pratico è netto: se il rimborso chilometrico non è considerato analitico, quelle somme diventano compensi e concorrono al reddito di lavoro autonomo. Di conseguenza, il committente che agisce come sostituto d’imposta dovrà applicare la ritenuta del 20% prevista dall’art. 25 del DPR 600/1973 su tali importi. Questo passaggio può trasformare la liquidità netta percepita dal professionista e complicare rapporti consolidati tra studi e clienti.
La documentazione proposta in molte istanze — prospetti con tragitti, orari, sedi e il numero di chilometri, supportati da mappe elettroniche come Google Maps o dal tracciamento storico del Telepass — è utile ma, secondo l’Agenzia, non sempre sufficiente. Mancando scontrini o ricevute intestate che attestino l’effettivo esborso, il rimborso parametrico resta vulnerabile alla qualificazione come reddito imponibile.
Per il committente cambia anche l’onere informativo: distinguere chiaramente in fattura tra compensi e rimborsi analitici, applicare correttamente la ritenuta quando necessaria e conservare le prove di pagamento. Un fenomeno che in molti notano solo nella gestione contabile di fine mese è la crescente attenzione degli uffici aziendali verso le note spese e la loro regolarità.
Intanto, sul versante fiscale, la linea dell’Agenzia spinge verso una maggiore formalizzazione delle spese di trasporto per evitare sorprese in sede di controllo.
Come organizzarsi: suggerimenti pratici
Di fronte a questa interpretazione occorrono scelte operative misurate. La prima raccomandazione è puntare sulla documentazione analitica: conservare scontrini carburante, ricevute di pedaggio e ogni titolo di spesa intestato al professionista o, quando possibile, al committente. Una nota spese completa, corredata da prove nominative, aumenta la probabilità che il rimborso venga qualificato come non imponibile.
Quando il rimborso resta basato su una tariffa chilometrica parametrica, è opportuno che l’accordo contrattuale con il committente definisca con chiarezza le regole di rimborso e la documentazione richiesta. In alcuni casi può essere utile inserire clausole che prevedano il rimborso dietro presentazione di ricevute o l’addebito diretto delle spese al cliente; lo raccontano i tecnici del settore come pratiche che riducono i rischi fiscali.
Un aspetto che sfugge a chi vive in città è la gestione delle trasferte brevi: anche spostamenti quotidiani devono essere tracciati e giustificati per non diventare reddito. Infine, il consiglio pratico è consultare un commercialista o un consulente fiscale prima di modificare i modelli di fatturazione: ogni situazione professionale ha elementi specifici e la strategia fiscale va tarata sul singolo caso.
Il risultato concreto è che molti professionisti dovranno rivedere i loro flussi amministrativi e i modelli di rimborso: un cambiamento operativo che impatta direttamente sulla liquidità e sui rapporti con i committenti.